Una Terra pagano-religiosa: riti e usanze
La nostra è una terra eternamente “pagano-religiosa”, una terra di miti, di fatture, scaramanzie e sacra devozione. (…) In questa terra si scaccia il male con il sale e l’incenso, si scongiura la mala sorte con il vino che cade sulla tavola, ricordando un po’ i Giudei che si umettavano, con il sangue, l’orecchio destro per consacrarsi sacerdoti; inoltre, si appendono corna di bue agli stipiti dei portoni oppure si accendono lumini ai morti, come facevano i misteriosi pelasgi-tirreni-etruschi-oschi.
Per amore e tradimenti si consultano le “fattucchiare” (le fatture, piccoli biglietti arrotolati e legati, vengono catapultate al di là del muro di cinta del camposanto); nel giorno dello nozze si frantumano stoviglie ai piedi della sposa, secondo la consuetudine giudaica; gli sposi sono seguiti da un corteo di auto rumorose e, quando nasce un bimbo in qualche famiglia di campagna, il suo cordone ombelicale ancora viene incenerito, come fanno ancora gli zingari e facevano, almeno sino al secolo scorso, molti popoli occidentali e orientali. Poi arriva la morte, e con essa tante altre ritualità…
(Cit. Gerardo Sinatore – 2011)
Quali riti, usanze e attenzioni commemorano un defunto?
La nostra tradizione è intrisa di usanze, riti che accompagnano la fase di preparazione al funerale; infatti usiamo mettere in atto pratiche antiche che sono il corpo di ritualità tramandate (oltre a quelle “ufficiali” di ordine civico e religioso) per esorcizzare la morte e assicurare che l’anima del caro estinto non trovi alcun ostacolo per raggiungere la “luce” e la “pace” dell’eternità. Queste pratiche rispettano usanze lontane che non rientrano nelle religioni “ufficiali” ma sono pregne di “religiosità”, che affondano le loro diversificate origini nella notte dei tempi in quanto alla loro base c’è “credenza” (fede) e “ritualità” (liturgia).
Quali usanze e riti funebri esistono in Campania?
Tantissime sono le usanze tramandate tra cui quella di coprire gli specchi con un lenzuolo scuro per evitare che l’anima, specchiandosi, resti intrappolata nella realtà, quella di lasciare le porte e le finestre aperte per permettere all’anima del defunto di volare verso “miglior vita”(qualcuno mette anche le sedie vicino al letto per far sedere i parenti trapassati che vengono a trovarlo per confortarlo). Anche l’accensione delle luci e delle candele durante la notte della dipartita servono a non far restare il defunto solo e a illuminargli la sua strada verso l’Aldilà. Inoltre se c’è un camino viene coperto il fumaiolo, per evitare che gli occhi del defunto non vengano cavati da un uccello (del “Malaugurio”, che sono notturni e predatori). La bara, nella stanza, viene posta in modo che i piedi del defunto siano rivolti in direzione della porta da cui uscirà, in modo che la sua anima non sia costretta ad uscire dalla finestra. Le finestre delle altre case vengono chiuse per evitare che “l’augurio della morte” entri nelle altre abitazioni.
Poi, al passaggio del carro funebre, vengono abbassate in segno di rispetto le saracinesche dei negozi e ogni attività “ferma la vita per un istante”, mentre il negoziante alza la mano per salutare. Nei cortei funebri più solenni (e costosi) sono i cavalli a trainare il carro e il “tiro” può essere a due cavalli, quattro, sei o anche otto. Anche la musica (la banda musicale) entra nella tradizione funebre seguendo il corteo e ricordando quei cortei funebri che tutt’ora si eseguono a New Orleans. Quella della musica nei cortei solenni dedicati agli Dei è una tradizione remota che risale a qualche millennio prima di Cristo.
Riti e usanze: O’ cunzuolo per chi resta
O’ Cunzuolo sta per “consolo” o per meglio dire “atto consolatorio”. Sono vere prove di affetto e umana solidarietà in caso di morte o di disgrazia, un “presente” in segno di rispetto e di vicinanza. Poiché nei giorni di lutto nessuno ha la “testa” per cucinare, come si suole dire, uno o più familiari o vicini preparano da mangiare (anche per i due giorni successivi alla dipartita) per i familiari del defunto, affranti e spossati. In genere un piatto di minestra calda, pesce o carne, mozzarella, caffè caldi insieme a tutte le vettovaglie. In realtà o’ Cunzuolo comincia dalla mattina con thermos carichi di latte e di caffè accompagnati da cornetti o brioches. È un gesto per dimostrare l’esistenza di un legame e per tentare di distrarre dal dolore i parenti costernati.
O’ cunzuolo, che ha anche uno sviluppo successivo ai funerali, si riassume simbolicamente con un pacco di zucchero e uno di caffè. Questo è il tradizionale dono che si fa durante la “visita di condoglianze” ed ha la stessa funzione di distrarre ma anche di far cambiare umore e dare quindi la forza ai parenti di riprendere la vita.
Hai mai sentito parlare del rito del “ritorno del defunto”?
Alcune famiglie affermano che il defunto ritorni nella sua casa, dopo 24 ore. Pertanto, a mezzanotte, si pone una bacinella con acqua, il sapone e l’asciugamano affinché il morto possa iniziare il lungo processo di “purificazione” che l’attende.
Poi il defunto ritorna ancora in altre occasione. Il saggista Franco Salerno sostiene che: «l’anima del defunto assume sempre più un qualcosa di soprannaturale tant’è che, secondo le credenze popolari, fanno ritorno nelle loro case a cominciare dalla sera del 2 novembre. Infatti, nelle campagne dell’Agro si pone sul tavolo della cucina un bicchiere di vino, di acqua, del pane ed un pezzo di baccalà; segno evidente per rifocillarsi dopo l’arrivo e, prima della partenza verso l’Aldilà… »
«Ai morti che ritornano viene anche attribuito un detto: “Tutte ‘e ffeste vanne e vènene, sule ‘a Bbefanìa n’avessa mai venì”. Un anziano informatore di Sarno (Sa), sempre secondo gli studi dell’antropologo Franco Salerno, ne chiarisce anche l’autentico significato: le anime esprimono, attraverso questa frase proverbiale, il loro dispiacere per il fatto che entro il 6 gennaio” ‘ll’ aneme ri muorte s’hann’ arritirà”»
Altro aspetto del tema del “ritorno ciclico dei morti” riguarda la credenza, diffusa a San Marzano sul Sarno, secondo cui nei pannolini dei bambini, che una volta si mettevano ad asciugare, potessero rifugiarsi le anime di persone morte, e più propriamente di bambini morti senza il battesimo, che nel periodo di novembre sarebbero, più disperatamente del solito, alla ricerca di una “dimora” sulla Terra. Canonica è anche l’ora dei loro movimenti: prima del suono della campana delle 17 e 45.
La paura dei “ritornanti” era (ed in certi ambienti rurali lo è ancora) bilanciata da un’altra concezione del defunto, che, rientrava nel Territorio delle Ombre, divenendo potenziale protettore e benefattore dopo questo tempo di novembre.
I morti infatti vengono invocati anche per far ritornare a casa una persona cara e così la preghiera per un ritorno desiderato viene rivolta -con atteggiamento di pacificazione- proprio a coloro che si voleva che “non tornassero più”.
Festa dei morti: tradizioni in Italia
Quali tradizioni e usanze esistono in Italia sulla festa del 2 novembre?
Quali tradizioni e usanze esistono in Italia sulla festa del 2 novembre?
A Napoli si usa preparare il torrone “o‘morticiello”;
A Roma la tradizione voleva che si teneva compagnia al defunto consumando il pasto vicino alla tomba;
In Valle d’Aosta si è soliti preparare pietanze lasciate sui davanzali per i morti che verranno. È importante questo gesto altrimenti i morti farebbero alzare un forte vento, detto “tzarivari”, che circonda la casa;
In Piemonte, solitamente, si lascia per la cena un posto in più a tavola. In alcuni paesini dopo aver cenato, si era soliti recarsi al cimitero, in modo da lasciare al defunto la possibilità di ristorarsi;
In Lombardia invece si prepara la zucca scavata e piena di vino da mettere sul davanzale, si lascia il camino acceso ponendo le sedie attorno e si prepara il “pan dei morti” ossia dei biscottoni simili agli amaretti natalizi;
In Trentino le campane suonano per richiamare le anime. Dentro casa, viene lasciata una tavola apparecchiata e il focolare acceso per i defunti;
In Friuli è diffusa la credenza delle processioni notturne dei morti verso i santuari, in più, durante le prime luci dell’alba vengono intagliate le zucche a forma di teschio. Alcuni contadini friuliani hanno l’abitudine di lasciare la sera di Ognissanti un lume acceso, un secchio di acqua e del pane sul tavolo;
In Emilia Romagna invece, il cibo da lasciare ai defunti viene scambiato di casa in casa, e se ne lascia anche ai poveri che vengono a bussare alle porte delle varie abitazioni;
In Liguria si preparano le fave dette “bacilli” e le castagne bollite dette “balletti”;
In Toscana si usa preparare dei biscotti detti “Ossa di morto”;
In Umbria si preparano gli stinchetti dei morti che sono a forma di fave;
In Abruzzo si apparecchia il tavolo e si lasciano tanti lumini accesi alla finestra;
In Molise si prepara il “convito” ossia una cena particolare dove il piatto principale sono delle lasagnette condite con verza;
(Sia in Abruzzo che in Molise, non si piange, di notte davanti, al defunto perché le lacrime appesantiscono il suo trapasso all’altro mondo)
In Calabria si era soliti lasciare la tavola imbandita, il dolce tipico si chiama “Dita degli apostoli”;
In Puglia si preparano i Sasanelli che sono biscotti tipici di Gravina;
In Sicilia, a Palermo, si preparano i Frutti di Martorana che sono dolci caratteristici del 2 novembre come i Vincenzia Catania e le Piparelle a Messina.